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Tre amici e un demone: Parte III

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Angelo prese un fiammifero tra il pollice e l’indice, come se stesse maneggiando un esplosivo. La sua mano tremò lievemente, poi si fermò. Giovanna e Pietro trattennero il fiato, mentre Mefistofele, dall’altra parte della stanza, si annoiava così tanto da lucidarsi le unghie con una limetta a forma di artiglio.

Con un sospiro, Angelo rimise il fiammifero al suo posto.

“Aspetta,” mormorò, strizzando gli occhi. Si era concentrato così tanto sui singoli fiammiferi da non vedere l’insieme. “Forse sono parole… No, impossibile. Se sono numeri romani… II è 2, VI è 6. Due non è uguale a sei. Ma se sposto un fiammifero per rendere più grande il primo numero… no, non funziona.” Il suo sguardo corse avanti e indietro tra i due numeri. Poi, si fermò sul segno di uguale. “L’uguale è intoccabile, ha detto… ma forse…”

Un lampo di intuizione gli illuminò il volto. Non era una questione di rendere più grande il primo numero, ma di cambiare prospettiva.

“Ho capito!” esclamò, balzando in piedi con un’energia che non gli apparteneva. Si girò prima verso i suoi amici con un sorriso splendente, poi verso Mefistofele con rinnovata determinazione.

Mefistofele alzò lo sguardo, annoiato. “Finalmente. Stavo per addormentarmi.” Si avvicinò. “Ma pensaci bene. Se sbagli, stasera farai la tua prima e ultima esperienza in un lago di zolfo. È terapeutico, dicono. Brucia via lo stress.”

Angelo non batté ciglio, troppo concentrato sul suo colpo di scena. Prese un fiammifero e lo spostò di pochissimo, incrociandolo con un altro:

“Undici uguale undici!” annunciò trionfante. “Il primo ‘II’ è undici, non due! E ho trasformato il ‘VI’ in ‘XI’!”

Mefistofele si chinò sui fiammiferi, il suo volto impassibile. “È la tua risposta finale? Me la confermi?”

“Certo!” disse Angelo, il petto gonfio d’orgoglio.

Mefistofele sospirò. “Corretto,” ammise, come se la parola avesse un sapore amaro. “Ma non esaltarti.” Schioccò le dita e i fiammiferi svanirono in una nuvola di fumo grigio che profumava di incenso.

“ANGELOOOO!” urlò Giovanna, saltandogli al collo. Pietro gli batté forte sulla schiena, un sorriso stampato in volto. “Non credevo ce l’avresti fatta!”

Mefistofele li guardò con fastidio. “Che scene commoventi. Mi si sta sciogliendo la cera delle orecchie.” Mefistofele si scrocchiò la schiena con aria drammatica prima di puntare un dito artigliato verso Giovanna. “Bene, chiacchierona, basta coccole! Adesso che ci siamo scaldati l’intelletto, tocca a te.”

Fece scorrere le dita nell’aria, e una cesta di rafia con dentro cinque mele rosse e lucenti apparve sul pavimento. Sul muro, intanto, iniziarono a danzare cinque piccole ombre a forma di marionetta.

In questa cesta ci sono cinque mele,” declamò, come un attore sul palco. “E ci sono cinque bambini. Come fai a dare una mela a ogni bambino, e alla fine avere ancora una mela nella cesta?” Poi aggiunse, con un sorriso sfidante: “E no, non puoi tagliare le mele. Sarebbe… volgare.”

La tensione ritornò a riempire la stanza, più spessa di prima. Pietro e Angelo guardarono Giovanna, preoccupati. Ma lei non sembrava affatto in difficoltà. Un sorriso furbo le spuntò sulle labbra mentre studiava la cesta.

Ora toccava a lei.

Sfida

Come fai a dare una mela a ogni bambino, e alla fine avere ancora una mela nella cesta?


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